31 August 2024
Si conclude con tre giorni consecutivi di visite guidate – dal 6 all’8 settembre, alle ore 17 – la mostra Dipingendo Cavalcaselle. Di tersa mano, di Corrado Veneziano e a cura di Francesca Barbi Marinetti.
Ospitate (dal 18 giugno) nel Museo Nazionale Romano Palazzo Altemps, le 23 tele di Veneziano sono state collocate per metà nella sala delle mostre temporanee, e per l’altra metà distribuite nei saloni del Museo, in dialogo diretto con i celeberrimi gruppi scultorei ellenistici e latini del Palazzo.
Si è trattata di una scelta estetica ma anche fortemente filologica: i taccuini e gli schizzi di Giovanni Battista Cavalcaselle (1819-1897) hanno rettificato in modo geniale le attribuzioni relative ad autori come Cimabue, Antonello da Messina, Piero della Francesca, Tiziano e molti altri (contribuendo alla riscrittura della storia dell’arte medievale e rinascimentale); e Corrado Veneziano partendo proprio da questi schizzi ha realizzato pitture originali e squisitamente moderne, in vivissima dialettica con l’arte classica italiana ed europea.
Le tre visite guidate – coordinate da Veneziano e Francesca Barbi Marinetti – sono gratuite e comprese nel biglietto d’ingresso del Museo Nazionale Romano Palazzo Altemps.
Per info e dettagli di ingresso, consultare il sito https://museonazionaleromano.beniculturali.it/orari-e-biglietti/
La mostra Dipingendo Cavalcaselle, di tersa mano rappresenta un doveroso e significativo tributo all’intellettuale, raccogliendo in 23 tele una summa delle opere a cui fece maggior riferimento lo storico. Il percorso espositivo si dipana, infatti su una ricerca investigativa dei lavori di epoca medievale e rinascimentale italiana sui quali viene impresso lo stile concettuale di Veneziano. Il suo lavoro pittorico parte infatti proprio da Cavalcaselle e a ritroso reinterpreta visivamente le opere d’arte – i colori, le trame, le tecniche – di Cimabue, Antonello da Messina, Piero della Francesca, Raffaello, Tiziano e molti altri, realizzando una sorta di limpida “terza vita” dei medesimi lavori pittorici. Su questo tappeto cromatico e figurativo, Veneziano aggiunge poi le “frasi”: quegli appunti e deduzioni scientifiche cavalcaselliane che partecipano, condividono e sviluppano la spinta comunicativa generale dell’opera. Le parole stesse – i segni della lingua italiana, talora inglesi – si fanno simboli e segni dalla elegante propulsione dinamica del geniale autore veneto.
Giovanni Battista Cavalcaselle (1819-1897) in realtà è di per sé soggetto di grande pluralità intellettuale, a partire dalla sua biografia professionale e civile. Dopo aver lottato per l’indipendenza nel periodo risorgimentale e aver patito l’esilio (fu condannato a morte dal Governo austriaco nel Lombardo Veneto), Cavalcaselle diventa infatti dirigente del primo Ministero della Cultura post unitario. Qui, continuando la sua vocazione artistica, affina una componente dichiaratamente “investigativa” operando uno studio sistematico delle opere d’arte italiane ed europee, al fine di comprendere con certezza chi ne fosse l’autore.
Per stabilire se il quadro analizzato fosse italiano (e non belga, francese, olandese, come invece talora si credeva), o fosse di Giovanni Bellini (e non Giorgione), Piero della Francesca (e non Van Eyck), Cavalcaselle si spostava da una parte all’altra della Penisola e di larga parte dell’Europa. Viaggiava instancabilmente dalla Sicilia al Friuli, da Roma a Madrid, Parigi, Bruxelles, Londra, San Pietroburgo.
Entrava nei magazzini dei mercanti, nei musei pubblici, nelle Chiese e anche nelle cantine; e lì spesso rinveniva capolavori fino ad allora totalmente ignorati o trascurati. Poi, per sostenere più solidamente le sue intuizioni, Cavalcaselle registrava appunti su una serie enorme di libriccini: i suoi famosi “taccuini da viaggio”; i riempiva di schizzi, forme, volti, dettagli e poi scriveva accanto, ai margini del foglio, le sue deduzioni, i suoi dubbi, le sue “scoperte”.
Le intuizioni di Cavalcaselle fecero scuola (sua è la prima “Storia dell’Arte italiana”, dell’Italia unita, scritta con l’inglese Joseph Archer Crowe); i suoi disegni rimangono tuttora attestati insuperati di amore e filologia, passione e criterio scientifico per ricondurre a verità le molte (talora strumentali) falsificazioni della storia e dell’arte pregresse.
Corrado Veneziano – artista italiano le cui opere sono esposte in modo permanente in Musei istituzionali europei e intercontinentali, recentemente invitato in Francia con il patrocinio del Museo del Louvre, nonché autore dell’opera diventata il francobollo dello Stato italiano dedicato all’Inferno – ha studiato a lungo l’autore veronese e ne ha reinterpretato gli schizzi e i taccuini.
“Corrado Veneziano. Dipingendo Cavalcaselle, di tersa mano” gode degli auspici della Presidenza della Commissione Cultura della Camera, del patrocinio del Ministero della Cultura e dell’ICAS (Intergruppo parlamentare Cultura, Arte e Sport), del coordinamento dell’associazione D.d’Arte e il sostegno della Iacovelli and Partners e dell’associazione Civita.
Palazzo Altemps
Dimora aristocratica dove già nel Cinquecento trovava posto – in una magnifica scenografia architettonica – una ricca collezione di scultura antica, Palazzo Altemps è la sede del Museo Nazionale Romano dedicata alla storia del collezionismo. Situato a pochi passi da Piazza Navona, in prossimità della riva sinistra del Tevere, in Campo Marzio, il primo nucleo del palazzo fu edificato nel XV secolo per volontà di Girolamo Riario, signore di Imola, ambizioso nipote di papa Sisto IV. Passato in altra proprietà, nel 1568 l’edificio fu acquistato dal cardinale Marco Sittico Altemps, di origine austriaca, nipote di papa Pio IV. Il cardinale vi stabilì la propria residenza che, ampliata e impreziosita di decorazioni pittoriche, fu resa degna di rango col sistemarvi – secondo il gusto dell’epoca – la magnifica collezione di antichità e la preziosa raccolta libraria. Vi dimorarono a lungo gli Altemps, fino alla metà dell’Ottocento quando, per il caso di vedovanze e innamoramenti, la proprietà passò in eredità a Giulio Hardouin, padre della duchessina Maria che nel 1883 sposò nella chiesa di S. Aniceto a Palazzo Altemps Gabriele D’Annunzio. Alla fine del secolo il fabbricato fu venduto alla Santa Sede che lo destinò al Pontificio Collegio Spagnolo. Nel 1982 il primo atto dell’acquisizione di Palazzo Altemps da parte dello Stato italiano; un lungo e rigoroso restauro trova coronamento nel grande successo dell’apertura del museo al pubblico nel dicembre 1997. Il completamento dell’acquisizione (2006) e degli interventi di restauro permette di presentare oggi ai visitatori l’edificio nell’intero.
Il Museo di Palazzo Altemps ospita capolavori assoluti di scultura antica appartenenti a collezioni nobiliari famose e di grande pregio pervenute in proprietà statale. L’allestimento punta a integrare – in una combinazione armonica – i marmi nel contesto decorativo delle sale, avendo in mente e riproponendo soluzioni adottate nella sistemazione delle raccolte antiquarie. Il percorso di visita, su due piani, svela una successione di sale decorate, un intrico di scale e corridoi che conducono di scoperta in scoperta. Alle statue e ai rilievi delle collezioni Altemps, Boncompagni Ludovisi, Mattei, Del Drago, alle sculture Jandolo, Veneziani, Brancaccio, alla raccolta egizia, ai celebri affreschi Pallavicini Rospigliosi, alle opere provenienti da rinvenimenti eccezionali e recuperate dal mercato antiquario, si affianca l’innumerabile raccolta archeologica di Evan Gorga, eccentrico collezionista d’inizio Novecento. Con un interessante cambio di passo, si trascorre tra le raccolte cinquecentesche e seicentesche per ritrovarsi tra i materiali minuti che testimoniano del collezionismo di archeologia dell’epoca moderna.