9 Febbraio 2023
Il caffè non è solo una bevanda. Per i napoletani è una vera e propria filosofia di vita.
Dalla tostatura all’invenzione della “cuccumella” alla moka, un rito di condivisione, come il “caffè sospeso”.
Le origini del caffè risalgono certamente all’Etiopia e alla diffusione della pianta nella regione arabica, dove era usato già come bevanda energizzante. Napoli, posizionata al centro del Mediterraneo, proprio per la sua posizione geografica, ha subito nei secoli numerose invasioni e dominazioni, sarà per questo o per la particolare tostatura che il caffè nella città partenopea ha un significato davvero speciale.
Un rito, una tradizione che affonda le sue radici nel 1700 quando Maria Carolina D’Asburgo-Lorena, dopo aver sposato Re Ferdinando di Borbone, lo radicò nella cultura della città.
Un passo fondamentale nella storia del caffè a Napoli fu compiuto con l’invenzione, nel 1819, della Cuccumella, la caffettiera napoletana che permise di abbandonare il sistema di infusione alla turca. Si passò poi all’adozione in larga scala della macchina per espresso (moka), inventata da Alfonso Bialetti nel 1933.
Bere un caffè è molto di più di un semplice alimento, è un momento di condivisione, un modo per fare una pausa tra un impegno e l’altro, ecco perché a Napoli c’è l’usanza del “caffè pagato”, ovvero si paga un caffè in anticipo per chi arriverà o per chi non può permetterselo.
Il caffè e il suo profumo accompagnano le giornate da primo mattino, poi a metà mattina e dopo pranzo poi è d’obbligo: aiuta la digestione! Insomma che vi piaccia espresso, corto, lungo o macchiato, d’orzo o decaffeinato, ogni momento è buono per gustare “na’ tazzulell e’ cafè”.
Proprio come cantava Fabrizio De Andrè, in “Don Raffaè (Cutolo): “Ma che bellu u caffè, solo a Napul’ o sann fa…”, il caffè è protagonista di molti film e poesie, da Eduardo a Pino Daniele, viene celebrato come fosse un’entità reale a sé stante.
Memorabile il monologo di Edoardo che, seduto al balcone spiega la tecnica per ottenere un ottimo caffè: il segreto è tutto nel “cuppetiello”, un piccolo cono di carta posto alla punta del beccuccio della caffettiera. Un sistema che riuscirebbe a mantenere tutto l’aroma del caffè all’interno senza perderne nemmeno una molecola. Che il metodo funzioni o meno, il modo di prepararlo si è evoluto con le esigenze della nostra epoca, facendo spopolare le innumerevoli macchinette per il caffè espresso con le cialde, un metodo del tutto lontano dalle abitudini napoletane e da quello che significa: rallentare, aspettando che salga nella moka, per più gustarlo in compagnia, accompagnandolo a confidenze più o meno importanti. Un pò come ne “La Banda degli onesti”, quando Totò e Peppino, bevendo un caffè al bar, tramano di stampare banconote false…”.
Classico o elaborato con l’aggiunta dell’anice, di crema alla nocciola o con la panna ogni momento è buono per gustarlo caldo o freddo nella bella stagione, un tonificante naturale che fa bene anche all’umore.
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